mercoledì 27 febbraio 2013

17 febbraio 2013 – La cava dei cinesini…


E’ una mattina fresca e luminosa, una di quelle mattine di fine inverno che promettono grandi cose.
Cavalcando la mia fida Matiz passo a prendere Lombrellone e Riccardo davanti la sede.
Poco più in là ci aspetta Mr. V.
L’aria in macchina è rilassata, si parla ancora delle peripezie avvenute al Kronio, il giorno precedente. Sembra strano ma oggi la nostra meta è insolitamente vicina: una cava scavata in tempi storici nella zona della Palazzina Cinese, in piena Palermo.
Attraversiamo il Parco della Favorita e lasciamo la macchina a poche decine di metri dall’ingresso. Ad accoglierci, mentre ci cambiamo, c’è un’intera congregazione di “canuzzi arraggiati” che ci riceve con un coro di abbai tutt’altro che amichevoli.
Scegliamo l’ingresso da cui entrare e scopriamo quella che è una vera e propria cava sotterranea, scavata interamente a colpi di piccone. Dal suolo al soffitto le intere pareti sono costellate dai segni degli scavi, mentre negli spigoli si intravedono le macchie di combustione date dalle candele utilizzate per illuminare i vari corridoi.
Mr. V. comincia a spiegarci come fare il rilievo, armati di palmare. Quest’ultimo riceve tramite bluetooth tutti i dati di una curiosa macchinetta gialla che, dopo la calibratura, viene affidata a me. Scelto il punto da cui partire, comincio a puntare tutti gli spigoli e le pareti che abbiamo attorno. Poi si sceglie un altro punto dal quale continuare a rilevare e, dopo tre battute di laser, si riprende da la.
Ci vuole mano ferma e un pizzico di pazienza, ma è divertente vedere gli altri spostarsi precipitosamente quando si vedono puntato il laser addosso (manco fossi un cecchino!) mentre devo rilevare lo spigolo sul quale sono appoggiati. Negli istanti di tempo libero ci si può divertire a sparagli il laser dritto negli occhi...
La prima parte della cava è abbastanza piccola e non molto interessante. A stupirci è invece la seconda parte, davvero enorme. Il soffitto è altissimo. Non ci si rende conto della grandezza dell’androne dove ci troviamo, perché i numerosi pilastri formano corridoi bui dove è relativamente facile perdere l’orientamento.
Ma il disegno del rilievo magicamente prende forma sul pamare e ci da un’idea di quanto è grande la cava. In alcuni punti si notano delle botole inquietanti sul tetto, che qualcuno ha furbescamente usato per gettarvi cumuli di spazzatura. Se si rimane in silenzio si sentono provenire dall’alto i rumori ovattati della città: clacson, passi, voci.
Il tutto, unito alle numerosi radici che scendono come liane dal soffitto, rende il lavoro di rilievo abbastanza irreale. Andiamo avanti così per gran parte della giornata, salvo una (misera) pausa pranzo. L’ultima mezz’ora Riccardo prende il mio posto e io colgo l’occasione per vedere meglio la cava. Siamo nell’ultima parte, probabilmente quella più recente.
Il soffitto è alto poco meno di due metri e l’ambiente è più raccolto. Non riesco a togliermi dalla mente orde di cinesi minuscoli (perché proprio loro?) che scavano a picconate, digrignando i denti e imprecando in palermitano. Mah, sarà che l’ambiente è davvero notevole…
Usciamo che è ancora pieno pomeriggio. L’aria è ancora frizzante, ma a rovinare il ritorno al mondo di sopra c’è una selva di profilattici da schivare. Torniamo alla macchina e rimettiamo i nostri abiti borghesi, attorniati da allegre signorine di dubbio mestiere. Poi via verso casa…

Notizia di: Totò
Foto di: Lombrellone e Mr.V.
Partecipanti: Lombrellone, Riccardino, Totò, Mr.V.








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