giovedì 30 novembre 2017

Zubbia di San Vito 12-11-2017




Ho iniziato a scrivere questa relazione troppo tardi, non ricordo più i dettagli.
So che per la maggior parte del viaggio di andata ho dormito e, quando mi sono svegliata, vagavamo per delle stradine in mezzo alle villette. 
A un certo punto ci siamo fermati, siamo scesi e abbiamo iniziato a perlustrare un pianoro chiazzato di palme nane e arbusti di cui non so i nomi, alla ricerca della grotta, invocando anche l’aiuto di Google Earth. 
Quando finalmente abbiamo trovato l’ingresso, incuneato fra rocce che sporgevano dal terreno, Angelo ha detto:
“E ora Betel arma la grotta!”
 
Io sono scoppiata a ridere, ma non ce n’era motivo. Non era una battuta e dovevo farlo sul serio. Per fortuna non era nulla di complicato, un armo in serie con spit fix già messi. Mi toccava solo montare tutto e cercare di fare nodi il più possibile puliti. E poi…fidarmi di quello che avevo fatto.
La discesa non misurava in totale più di tre metri e conduceva a una sala piuttosto grande, con degli arredi caratteristici: due sedie di plastica comode e restistenti e una scala abbandonata. 
Da lì si proseguiva per cunicoli non troppo stretti, ma fitti di concrezioni, anche eccentriche, e con segni di risaldature (o com’è che dovrebbero chiamarsi). A ogni cenno del capo il casco rischiava di rompere qualcosa.
 A quanto pare “I DUE COMPARI” frequentavano la grotta assiduamente anni fa: era piena di fili di Arianna e batterie arrugginite, e costellata dei loro nomi e dei loro cognomi, ripetuti in ogni angolo. 
Li ricordo perfettamente, a differenza di tutto il resto, ma preferisco lasciarli anonimi, perché non meritano di risultare in altro modo che come deturpatori.
Retorica a parte, la grotta non era grande. Abbiamo perso molto tempo solo perché Angelo doveva fare delle fotografie per la tesi, e perché l’aria era pesante e costringeva a rallentare. L’ambiente infatti era caldo e molto vicino alla superficie.
Al ritorno ci siamo fermati a riposare sulle sedie e poi, per quella breve risalita, abbiamo dovuto sporcare l’imbrago con il fango che ci era rimasto addosso.

Notizia di Betel
Partecipanti: Angelo, Filippo, Mirko e Betel

Finalborgo 2017 - il Raduno


Il Raduno è il raduno.
Sinonimo di brindisi, risate e abbracci. Di commemorazioni, di amicizie e discussioni.
Di confusione, musica, aromi da ogni regione.
Di presentazioni, di libri, di vestiario e materiale per le prossime grotte.
Quest'anno, putroppo, il Raduno è anche un saluto per Giovanni. Uno straordinario che ha seminato piano, e sarà sempre presente in chi lo ha conosciuto e nell'attività che pian piano fiorirà.
Il Raduno, critiche, gioie, un'assemblarsi di una stramba comunità.
Ciao Finale, ciao Casola.