Esistono emozioni nella vita che inducono a cambiare i
propri passi e compiere azioni che stravolgono piacevolmente i piani, anche
solo per una mattinata.
Una di quelle è proprio la sensazione che si ha quando si
entra in grotta. Quando il piede lascia il sentiero sicuro, dal suolo arido di polvere battuta dal sole,
e lo si poggia sul terreno umido della pancia della terra. L’ingresso alla
grotta del Garrone oggi, come ogni volta, mi fa proprio questo effetto. C’è un
ampio varco che illumina noi e il suolo verdissimo, punteggiato di Lingue di
cervo (Phyllitis
scolopendrium). Dietro un magnifico panorama che da sul Lago di Piana degli
Albanesi, davanti l’enorme illusione di un’ancestrale pancia materna, dal quale
si è costretti a uscire con disumana fatica.
Per arrivarci c’è un ripido sentiero sassoso che affronto
con molta calma assieme a Luisa e Vattano, che oggi ci ha fatto la bellissima
sorpresa di portarsi il piccolo Alfredo, in perfetta tenuta da speleologo.
Scopo della giornata è quello di trovare alcuni campioni per sottoporli a delle
analisi. Il Garrone si rivela una piccola grotta orizzontale dall’ingresso
stupendo ma dall’interno assai mediocre. Arriviamo al fondo dopo poche decine
di metri. Le concrezioni sono completamente distrutte, asportate da chissà chi.
Il piccolo laghetto di acqua cristallina è punteggiato di bottiglie di vetro,
scatolette di tonno e cartucce di fucile. La delusione iniziale però pian piano
svanisce. L’odore di umido e di fango, i rumori ovattati e l’ambiente in
generale mi danno quella piccola scossa di adrenalina che poche cose, oltre
alle grotte, sanno darmi. E poi è impossibile non essere di buon umore con la
parlantina e le risate allegre del piccolo Alfredo. Mentre Vattano cerca un
campione ideale, perennemente tenuto sott’occhio dal figlioletto che non lo
perde di vista un attimo, io e Luisa giriamo un po’ tenendo Alfredo per mano.
Qualche foto, qualche annotazione e in meno di un’ora siamo fuori col nostro
bel campione, anche se Vattano non pare molto soddisfatto.
Saliamo verso
l’ingresso e Alfredo esclama “che bel verde!” accarezzando le piantine che
crescono a decine sul suolo sempre più illuminato. Guarda l’ingresso e col viso
illuminato dal sole ci regala il più bel sorriso della giornata. Il ritorno a
un mondo epigeo conosciuto e la sicurezza della luce non sfuggono nemmeno a
lui. Tempo di una merenda e siamo di nuovo in macchina. Peccato, avrei voluto
durasse di più, si vede che oggi era giornata di speleologia “in pillole”…
Notizia di Totò
Partecipanti: Luisa, Totò, Alfredo e Marco
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"Le Taddarite"