Non
voglio scrivere la solita relazione che comincia più o meno sempre allo stesso
modo e continua poi sulla stessa linea e non voglio farlo perché questa non è
stata la solita uscita. Preparatevi quindi a leggere pensieri, sensazioni e
emozioni che ho provato durante questa giornata. Siamo stati fuori da casa
circa 12 ore eppure a me sembra siano passati almeno due giorni, a causa di
tutto quello che ho provato. Per questo ho deciso di focalizzarmi sulle
sensazioni piuttosto che le descrizioni.
Come
in tutte le uscite con Mr.V. è
impossibile sapere a cosa andiamo incontro, stavolta anzi siamo stati fortunati, sappiamo dove si trovano le grotte
e come si chiamano. Tutto il resto è ignoto. Eh si, perché una delle cose
particolari della giornata è che visiteremo due grotte. Siamo nella zona di
Belmonte e dopo una piuttosto breve camminata arriviamo in una delle due
grotte, ma decidiamo di far visita prima a quella che si trova un po’ più a
monte. Saliamo un altro po’. Voci di corridoio dicono che il pozzo di questa
grotta dove stiamo andando (lo zubbio) è molto bello. Oggi c’è un’aria calda e
piacevole con un cielo di un azzurro che riempie gli occhi.
Tutti i mandorli
sono in fiore e per terra cominciano a spuntare le prime piante verdi.
Fortunatamente il pozzo è praticamente all’aperto perchè è una dolina di crollo
e quindi durante l’armo di Antonio e la potatura necessaria della roverella che
domina l’ingresso io e Nina riusciamo a goderci un po’ di quello splendido
sole.
Una volta armato tutto si comincia a lavorare e
via con le foto. Mettiti così, girati di li, guarda qua, guarda la, insomma si
cercava di fare cose serie, ma con Antonio, Mr.V, Nina e me il cocktail diventa
leggermente esplosivo e di serio non si riesce a far nulla. In qualsiasi
momento della giornata poteva mancare il cibo, l’acqua, la pazienza, ma mai le
risate. Penso che oggi ho riso come non facevo da tempo ed è impossibile
renderlo su carta perché le improvvisazioni di Antonio sono irripetibili. Una
volta dentro la grotta (che era piccolina, si estendeva per circa una trentina
di metri) continuiamo a lavorare e, una volta finite le foto, si parte con il
rilievo.
Io non vedevo l’ora perché era da un po’ che sentivo parlare di questo
nuovo aggeggio palmare ma non l’avevo mai visto e ancora non capivo bene come
funzionasse. L’ultima volta che avevo fatto il rilievo io avevo rigorosamente
usato carta e matita e scritto tutti i numerini che mi venivano dettati con
diligenza. Mi sono quindi messa subito all’opera misurando distanza, clino e
bussola con un solo “bip”. Sembra facile ma mi rendo subito conto che ci vuole
un certo criterio (che io ancora non ho) e soprattutto una mano ferma. Però nonostante il mio grande impaccio
e la paura di sbagliare riesco a finire il mio lavoro di sparatrice. Durante la
mia performance il mio “bip” era sempre accompagnato da un “pip”, era Nina
stava giocando con la compattina di Mr. V e praticamente tra un “pip” e un
altro l’ha quasi trasformata da macchina fotografica automatica a manuale.
Senza accorgercene si sono fatte le tre. Siamo fuori dal pozzo, ma purtroppo ci
siamo dimenticati il pranzo in macchina. Decidiamo comunque di fare un salto
nell’altra grotta (lo zubietto) e di posticipare il pranzo ancora di qualche
ora. Pensando che si trattasse di una grotticina come l’altra ci avviamo e arriviamo subito.
L’ingresso è piccolino e non si capisce bene come è fatta la grotta. Una volta
dentro lasciamo le cose “in più” e cominciamo ad addentrarci. Pensavo sempre
che da un momento all’altro la grotta dovesse chiudere e invece sotto a un
masso crollato c’era sempre un piccolo passaggio che portava in un’altra stanza
e poi un’altra ancora e poi ancora avanti, insomma associazione parola zubbietto
e ampiezza della grotta non fu mai così sbagliata. La grotta si estendeva da
tutti i lati, e in profondità, siamo scesi di parecchio ma non saprei dire
quanto perché tutte le stanze erano piccole e crollate e quindi così a primo
acchito non si riusciva a capire l’andazzo della grotta.
Fatto sta che proprio
per questa sua prerogativa era molto affascinante: non facevamo altro che
superare massi da sopra o da sotto e ritrovarci davanti delle splendide colonne
bianche o delle eccentriche davvero eccentriche. Insomma dei veri tesori.
L’unico aspetto negativo era che la grotta era bagnata, quindi scivolosa e
piena di fango che legandosi alle nostre tute non faceva altro che
appesantirle. Anche qui facciamo qualche foto e l’atmosfera è sempre la stessa
una battuta qua una risposta la e la risata non tardava ad arrivare.
L’atmosfera non si è interrotta mai un attimo. Ma è l’ora di tornare indietro e
giusto per confonderci ancora un pò Mr. V, decide di prendere un’altra strada.
Da questo lato incontriamo delle splendide cannule: bianche, perfette che
sembravano rompersi solo a guardarle. Fortuna volle che il passaggio per
l’uscita fosse accanto a quelle cannule. Passa Antonio, poi segue Nina, intanto
Mr V prova un’altra strada. Io sono in mezzo che guardo Mr. V a sinistra salire
magicamente su una parete a dir poco scivolosa e Nina a destra dover superare
le fragili cannule e poi attraversare una frattura da dove ha difficoltà a
passare. Io non vorrei prendere nessuna delle due strade da un lato “non ci
passo” e dall’altro “è pericoloso”. Alla fine vado verso Nina. Superare quelle
cannule è stata un’impressa più psicologica che fisica. L’ansia di poterle
colpire e distruggerle in un sol colpo era continuamente presente, ma superate
quelle mi rendo conto che la fessura è davvero piccola. Provo a passare lo
stesso, non voglio arrendermi. Ma sembra impossibile è come se con grandi
sforzi cercassi di far entrare un cubo in uno spazio triangolare. E quindi dopo
grandi, ma tanto grandi, sforzi decido di tornare indietro e prendere la via
dal quale eravamo scesi. Tutti sono in silenzio e io non vedo nessuno. Chi sa
che stanno pensando. Io mi fermo cerco di riprendere fiato, ma sono presa da
una fortissima voglia di arrendermi. Mi fermo qualche secondo faccio due grandi
respiri e continuo ad andare avanti, se mi fermo non riparto più. C’è ancora
silenzio e io continuo a salire, sono sempre più affaticata e nonostante tutto
cerco di restare calma e superare i tratti più complessi cercando di sforzarmi
il meno possibile industriandomi, sono senza forze. Continuo a fare profondi
respiri e finalmente poco alla volta raggiungo gli altri e ancora in silenzio
continuiamo a salire. Io non guardo altro che dove mettere mani e piedi sono
veramente esausta. Le risate si sono affievolite, ma in questo momento neanche
quelle mi avrebbero potuto aiutare, avevo bisogno solo di profondi respiri. Non
riconoscevo più la grotta, salivo come se fossi un mulo. All’improvviso
riconosco l’ultimo tratto, quello vicino l’uscita. Avevo respirato profondamente
durante tutto il percorso, non dicendo neanche una parola o quasi. Ma quando
sono uscita quasi mi ero calmata e durante la passeggiata verso la macchina mi
scappa anche qualche risata. Ho lasciato la tristezza, la delusione e lo
sconforto dentro quella intricata grotta e il pensiero che mi accompagna ora è
il suono di quelle nostre grosse risate.
Notizia di Luisa.
Foto di Nina, Lombrellone e Marco
Partecipanti: Nina, Luisa, Lombrellone e Marco
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