Finisce oggi l'estate, inizia un nuovo autunno.
Negli scorsi giorni è piovuto, in alcuni posti anche copiosamente.
L'aria inizia a rinfrescarsi, al sole però, il caldo si sente ancora.
Periodo di opposti e contrasti che cercano di bilanciarsi ed equilibrarsi e immersi in questa incertezza in tre ci avviciniamo alla risorgenza di monte conca.
Il percorso in auto ci lascia perplessi. Tra piccoli laghetti di acqua torbita e colate di fango che invadono la stradella che costeggia il Gallo d'Oro, la nostra domanda continua è: "ma dove stiamo andando?"
E invece... ci fermiamo prima del solito parcheggio causa sabbie mobili e
ci iniziamo a cambiare sotto gli sguardi parecchio perplessi di un
signore del luogo e due povere signore che attraversano il pantano che
blocca le auto, portandosi dietro bei pesi.
Il percoso di avvicinamento attraversa campi incolti, ci porta a
tagliare su terrazzi creati dal fiume e pian piano ci fa scendere fino
al corso d'acqua che lesti lesti attraversiamo.
Fortunatamente,
essendo stato un gruppetto la scorsa settimana, troviamo ancora la
traccia per passare in mezzo alle canne, ai rovi e a tutta la
vegetazione che cresce sulla sponda del Gallo d'Oro.
L'ingresso della grotta è parecchi cambiato negli anni. Le dinamiche fluviali hanno eroso tantissimo la sponda del fiume dove si apre la grotta e contemporaneamente, depositato tanto materiale sopra la tabella che indica l'esistenza della RNI "Monte Conca".
Arriviamo di fronte ad alcuni massi crollati tra i quali esce una fresca aria, aria di grotta. E' lì in mezzo che dobbiamo infilarci e subito immergerci nell'acqua e fango accompagnati dall'allegro saltellio di piccole ranocchie.
Il nostro compito è di controllare, negli ambienti in fondo alla grotta, perchè lo stillicidio che si è sentito, rimbomba. Quindi ci affrettiamo a raggiungere il pozzetto in fondo alla cavità, saltino che mette in comunicazione i due rami che compongono la grotta, quello superiore inattivo con quello attivo sottostate.
Velocemente arriviamo al pozzetto e subito ad armare e preparare gli strumenti necessari.
Scesi nel pozzo si torna in acqua ed effettivamente, il livello dell'acqua più basso del solito, ci permette di esplorare un paio di ambienti sia a monte che a valle del pozzo.
Purtroppo non troviamo modo di attraversare i sifoni che troviamo dopo qualche metro, ma riusciamo comunque a topografare un pò più di quanto fatto nel vecchio rilievo.
Il nostro spirito esplorativo ci fa anche dire, per un breve istante... "ci vorrebbe una maschera".. ma subito conveniamo che per immergersi in quell'acqua dal colore del latte e caffè, ci vuole ben altro..
Il ritorno si fa ci corsa, tra i rumori sordi dei denti che sbattono per il freddo, tra i colpi di casco che il tetto biricchino che si abbassa all'improvviso di fa dare e tra gli inquietanti risucchi nell'argilla che vorrebbe per forza rubare, ad almeno uno di noi, gli stivali.
All'uscita ci attende il sole caldo che si era nascosto nella mattina e un torbido lavaggio nel fiume.
Partecipanti: Betel, Pietro e Marco
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"Le Taddarite"