La proposta per la Zubbia di Pizzo Neviera di Roby è stata
accolta calorosamente da quanti dopo un estate di vagabondaggi in diverse terre
selvagge avevano l’imminente voglia di riprovare il brivido di indossare l'imbarco,
perché si sa, a noi speleologi la comodità ci sta stretta (più dell’imbrago
stesso). Appuntamento molto rilassato alle 8.30 nel solito posto.
Al richiamo
della grotta rispondono tutti quelli che, liberatisi da impegni universitari e
familiari, non se lo sono fatti ripetere due volte. La voglia di ritrovare i
compagni speleologi è tanta, e ci incamminiamo verso Belmonte Mezzagno con
grande entusiasmo. Arrivati all’ormai conosciuto punto di deposito macchine ci
sollazza un piacevole odorino di una non ben identificata carcassa di quadrupede
che ci spinge a vestirci velocemente, ma non cosí in fretta…c è ancora il tempo
per un selfie di inizio giornata speleologica (per gentile concessione di
Claudiuzzo: noto sostenitore dei selfie). Troviamo facilmente il punto di
ingresso del pozzo grazie ai segugi/caprette di montagna del gruppo. Il
temerario Roby scende ad armare la parete. Una folta vegetazione ci impedisce
di vedere lo spettacolo che ci aspettava. Seguono due ore di attesa che volano
in una percepita breve frazione di un tempo dedicato alla condivisione delle
nostre rispettive esperienze estive, love story presunte e non, e corsi
intensivi di autodifesa tenuti dal possente Filippo (o Mariano, come dir si
voglia), il tutto scandito dall’accertarsi della presenza ancora in vita della
nostra guida speleologica. Cominciamo a scendere con un traverso e raggiungiamo
Roby nel punto in cui la corda scende verticalmente lungo il pozzo.
Scendendo
ci si ritrova a lottare con rami e cespugli,
per poi ritrovarsi in un largo pozzo di
una ventina di metri. Le pareti sono
ricoperte da muschio che fa un
incredibile contrasto con la roccia più scura. L’aria si fa più frizzantina e
l’inconfondibile “odore di grotta” prende campo a mano a mano che si scende. La
vista dall’alto è incredibile, ci si
gode la discesa accompagnati, all’arrivo nell’ ultimo frazionamento,
dagli ormai consueti “sei spacciato/a” provenienti dai compagni scesi per
primi. Ovviamente si uniscono al teatrino frasi della serie “hai perso smalto”
“ormai non sei più lo speleologo di una volta” che si ripetono puntualmente per
ogni persona intenta a scendere. Nonostante le nostre iniziali perplessità sul
detto “è come andare in bicicletta” dopo un mese e passa di inattività,
scendiamo tutti senza nessun tipo di difficoltà.
La
corda termina all’ entrata della grotta, che si snoda verso il basso verso le viscere della terra. Il tunnel si fa sempre
più basso e devia verso destra. Camminiamo (per cosí dire) su massi di roccia
di varie dimensioni, che hanno lasciato per nostra fortuna una fessura laterale
in cui possiamo avanzare di sbieco, per poi scendere di qualche metro, dandoci
la sensazione di districarci a zig zag in un parco giochi sotterraneo.
Arriviamo in una sala di modeste dimensioni, ma che si staglia verso l'alto in
una miriade di concrezioni di diversa forma. La parete a sinistra é
caratterizzata da un paio di metri di bellissime forme a medusa alle quali
seguono verso l’alto stalattiti di varie dimensioni e una serie di bellissime vele.
Verso l'altro si aprono rientranze che ci fanno venir voglia di arrampicarci
per raggiungerle, ma la parete è piuttosto ripida e scivolosa, il tempo stringe
e la birra chiama.
Ci godiamo lo spettacolo inaspettato di questa bella grotticina
piena di sorprese. Ad un certo punto, entrano in competizione Manu (Lo spacciato)
e Claudiuzzo riguardo alle rispettive torce frontali, della serie “chi ce l ha...che
fa più luce”. Un’ultima foto immortala un gruppetto di speleologi entusiasti di
essersi ritrovati in un contesto cosí bello; fatto questo siamo pronti per andare.
E quindi saliamo, strisciamo lateralmente in
pendenza cercando di non far ruzzolare il pavimento di massi in faccia al
compagno sottostante. Il pozzo verdeggiante all’ uscita della grotta è una
visione fantastica. Risaliamo felici e soddisfatti fino a quando, all’ uscita
del pozzo, veniamo travolti da un’ ondata di scirocco che ci fa venire voglia
di ripiombare giù e in baffo alla birra. Ma il richiamo alcolico e la voglia di
stare tutti insieme, nel nostro rituale post-grotta, è troppo forte! Le sorprese,
però, non finiscono qua. Dopo esserci
accertati dell’incolumità delle nostre macchine, causa incendio non ben
localizzato, veniamo scortati da un branco di cavalli selvaggi, inavvicinabili
nella loro bellezza. Insomma un bilancio più che positivo per quella che doveva essere una scampagnata soft tra
speleologi e che è risultata più che apprezzata ed emozionante.
By
La Tinta.
Partecipanti:
Barbara, Diana (detta “Il Compasso”), Claudiuzzo, Manu Lo Spacciato, Isa
Beauty, Il Principe Filippo, La Tinta e Roby Horses.
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