Discesa agli inferi
secondo Chiara e Betel
Per
raccontarvi questa storia abbiamo messo insieme due punti di vista, diversi ma
complementari. Ecco quello che ne è venuto fuori.
Tutto ebbe inizio quel fatidico 18
giugno del 1931… Ops! Sto sbagliando storia.
Ricapitolando.
È il 18 giugno del 2017 e le vecchie
e nuove taddarite si danno appuntamento al leggendario bar Oceania. Dopo lo
smistamento di cose e di persone nelle varie macchine, ci incamminiamo verso
l’abisso del Purgatorio, incredibilmente puntuali.
Lungo il tragitto è
d’obbligo la pausa al bar. Ci dividiamo tra gli svuotatori di vescica e i
golosi impenitenti, sopratutto di cassatelle alla ricotta, sicuramente
rigenerative e ottime prima di una grotta: per la discesa fungono da zavorre
nello stomaco, mentre al momento della salita si trasformano in gas a
propulsione per facilitare l’ascesa al Paradiso. Tuttavia non tutti possono
beneficiare delle proprietà “salutari” di queste prelibatezze, che sono
appannaggio esclusivo del saggio Tonino, l’uomo che tutto osserva e controlla,
e del suo fedele compagno Fulvio, che ormai risponde al nome di Fluvio.
A questo punto ci rimettiamo in
viaggio, ma lungo il tragitto Chiara, Fluvio e Bianca vengono urtati da un auto
dietro di loro, che prepotentemente li tampona. La coraggiosa Bianca con
prontezza richiama a suon di clacson la macchina di Tonino, che ferma la sua
vettura per supervisionare l’accaduto. Nonostante sia stata reclamata la calma,
la situazione sembra in procinto di degenerare. È necessario, a dir di Tonino,
l’intervento del grande Filippo, che con autorità riesce a risolvere la
situazione grazie al solo potere dello sguardo, che anche a distanza sorbisce
l’effetto sperato. Nel frattempo l’Angelomobile si era allontanata ed essendosi
accorta della mancanza dei compagni torna indietro per raggiungerli.
Le taddarite di nuovo riunite
continuano il resto del loro viaggio e, ormai giunti al luogo stabilito, cioè
proprio Purgatorio, ridente frazione del paese di Custonaci, vengono raggiunti
dagli altri due membri, Isabella ed Emanuele.
È arrivato il momento di prepararsi
prima psicologicamente e poi fisicamente alla prova più ardua di tutte,
l’imbraco, di cui si parlerà anche più avanti. Dopo di che, pronti e
sfavillanti nelle nostre tute blu, troppo leggeri perché ingannati dal caldo
afoso, ci incamminiamo per raggiungere l’imbocco del Purgatorio, sotto lo
sguardo stranito della gente che passa dalla statale e che ci osserva sfilare
con corde e caschetti.
L’ingresso è nascosto in un campo
fra i massi (perdonate il termine profano) e si apre su un pozzo con le pareti
ricoperte di muschio. L’intrepida Flavia, detta Bla Bla, comincia ad armare la
prima campata e, a seguire, i primi coraggiosi cominciano a scendere. Calandosi
restano ammirati da tanto verde, macchiato di ragnatele fitte qua e là.
Di questo scenario non può però godere Chiara. Quando arriva il suo turno, infatti, tutto sembra andare per il verso giusto, soprattutto perché l’attento controllore, il saggio Tonino, le osserva “diligentemente” l’imbraco. Nulla risulta fuori posto, così Chiara scende ignara verso il secondo frazionamento e, quando è ancora vicina all’imbocco della grotta, Tonino si accorge che la corda della longe è troppo lunga.
A questo dettaglio non dà molta
importanza, finché, arrivata la nostra povera vittima al secondo frazionamento,
dopo essersi allongiata, ecco che quell’osservazione di poco conto prende le
sembianze di un problema. Tonino, che dall’alto dei Cieli osserva quell’anima
in pena, tenuta a galla da un groviglio di corde, comprende, come lei, che la
corda della longe e della maniglia sono invertite: ciò significa che la corda
della longe è troooooppo lunga, tanto lunga che Chiara non arriva nemmeno a
raggiungere il nodo del frazionamento. Ma, niente panico, eroicamente il grande
Tonino, con estrema prontezza, scende e si avvicina il più possibile a lei. Fa
in modo che l’imbraco si leghi al suo e così, pian piano, risalgono di quel
poco necessario per essere fuori e rimettere tutto apposto. Ma, diciamolo, era
stato tutto programmato, Tonino aveva messo in atto un modo per fare la parte
dell’eroe e allo stesso tempo mettere alla prova il temperamento e la capacità
di mantenere la calma di Chiara di fronte ad una situazione problematica. Prova
superata!
Comunque, il resto della giornata
continua, e proseguiamo verso il fondo di quell’abisso. Sorprese che il secondo
pozzo sia così profondo veniamo rincuorate nel sentire in lontananza le voci
dei nostri compagni di viaggio e nel vedere puntini di luce in quel buio profondo.
Arrivati al fondo del secondo pozzo ecco stagliarsi davanti a noi la carcassa,
o potremmo dire l’anima perduta, di una graziosa Vespa. Chiunque la raggiunga
si chiede che strada abbia fatto per arrivare lì, ma, vagliate le varie ipotesi
possibili, spesso si preferisce smettere di interrogarsi e godersela così.
Dopo di che, superato un tratto
orizzontale ornato dal teschio di un qualche animale, aspettiamo che Tonino
scenda per armare gli altri due pozzi. Nell’attesa c’è chi sgranocchia qualche
caramella, frutta secca o gustosi panini, e chi si appisola negli angoli più
“comodi” di quel piccolo anfratto, come Emanuele, Isabella, Fulvio e la nostra
piccola Betel, che come ghiri dormono beati nel loro piccolo angolo di
Paradiso, … ops! di Purgatorio.
Riposati
e infreddoliti per via dei vestiti leggeri, continuiamo a scendere,
sempre più in basso, passando per posti un po’ stretti. Fino ad
ora è stato abbastanza semplice, quasi si può dire un gioco da
ragazzi, ma il frazionamento complicato è proprio lì dietro
l’angolo ad aspettarci. L’azione di slongiamento comporta
contorcimenti da acrobati, bisogna appoggiare la schiena sulla parete
liscia, puntare i piedi e spingere con tutte le forze in nostro
possesso. Nessuno può immaginare che quella stessa parete
liscia e marrone come tutto il resto nasconda una conformazione tanto
particolare che basta un movimento sbagliato del piede per far
risuonare tutto. Una magnifica scultura naturale della grotta che per
tutti ha l’aspetto di una medusa gigante di cui ogni velo (?)
produce un suono diverso. E sotto di lei…una camera enorme con due
colate di calcite brillanti, bianche, lattiginose, che con una certa
luce sembrano colate di diamanti o cieli stellati.
Tonino
inizia a fare un sacco di foto e, per farle, come un regista della
fotografia ci costringe a stare immobili in posizioni scomode per
lunghissimi minuti, puntando la luce del caschetto in modo da creare
le ombre e i contrasti giusti, adatti a produrre fantastiche
fotografie. È faticoso, ma dobbiamo ringraziarlo per i risultati.
Ormai
tutti giù, ci concediamo il meritato riposo e un bel pasto a base di
caramelle, marshmallow e arachidi, per poi cominciare la risalita. La
risalita…e qui si torna sull’imbrago. Comodissimo nella discesa,
in salita si trasforma in uno strumento di tortura, specialmente per
le ragazze. Il corso è finito e ancora la regolazione perfetta delle
cinghie e delle fettucce è lontana. Quando arriverà, potremo
guardare alla speleologia con occhi diversi, liberi dalle lacrime.
Il
primo a risalire è Filippo, che al primo frazionamento incontra
qualche difficoltà e a lui viene in aiuto il nostro Angelo, che non
è dotato di ali ma di maniglia e croll.
A
questo punto continuiamo a risalire, non tanto con la speranza di
rivedere l’uscita, quanto con l’obiettivo di mettere fine alla
tortura. Con l’imbrago affondato nella pelle e non solo, si aspetta
ai frazionamenti, tanto, troppo, poi si continua a salire, doloranti,
fino a vedere la luce. Ecco, è l’uscita. E invece no! È il pozzo
verde meraviglioso! Mai una meraviglia è stata tanto deludente! Però
che bello aspettare ancora qualche minuto lì, a riprendersi fino al
proprio turno per completare la risalita.
Una
volta in superficie mangiamo ancora e ci accorgiamo che il nostro
piano post grotta è sfumato, è troppo tardi per andare a mare come
speravamo, perché sono quasi le nove. Così aspettiamo che Flavia e
Tonino, che già si erano divisi l’armo, finiscano di disarmare,
per fare un’altra bella foto, stavolta del gruppo, esausto e
felice, e poi tornare alle macchine.
Di
questa bellissima giornata, passato il dolore, non rimarranno solo le
foto ma le emozioni che ogni grotta dà, e per questo non vediamo
l’ora di intraprendere la prossima avventura con la prossima
grotta.
racconto di: Chiara
e Betel
Foto di Tonino
Partecipanti: Betel, Chiara, Bianca, Isabella, Flavia, Tonino, Filippo, Emanuele, Fulvio, Angelo
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"Le Taddarite"