martedì 27 giugno 2017

Abisso Purgatorio

Discesa agli inferi secondo Chiara e Betel

Per raccontarvi questa storia abbiamo messo insieme due punti di vista, diversi ma complementari. Ecco quello che ne è venuto fuori.

Tutto ebbe inizio quel fatidico 18 giugno del 1931… Ops! Sto sbagliando storia.


Ricapitolando.
È il 18 giugno del 2017 e le vecchie e nuove taddarite si danno appuntamento al leggendario bar Oceania. Dopo lo smistamento di cose e di persone nelle varie macchine, ci incamminiamo verso l’abisso del Purgatorio, incredibilmente puntuali.
Lungo il tragitto è d’obbligo la pausa al bar. Ci dividiamo tra gli svuotatori di vescica e i golosi impenitenti, sopratutto di cassatelle alla ricotta, sicuramente rigenerative e ottime prima di una grotta: per la discesa fungono da zavorre nello stomaco, mentre al momento della salita si trasformano in gas a propulsione per facilitare l’ascesa al Paradiso. Tuttavia non tutti possono beneficiare delle proprietà “salutari” di queste prelibatezze, che sono appannaggio esclusivo del saggio Tonino, l’uomo che tutto osserva e controlla, e del suo fedele compagno Fulvio, che ormai risponde al nome di Fluvio.


A questo punto ci rimettiamo in viaggio, ma lungo il tragitto Chiara, Fluvio e Bianca vengono urtati da un auto dietro di loro, che prepotentemente li tampona. La coraggiosa Bianca con prontezza richiama a suon di clacson la macchina di Tonino, che ferma la sua vettura per supervisionare l’accaduto. Nonostante sia stata reclamata la calma, la situazione sembra in procinto di degenerare. È necessario, a dir di Tonino, l’intervento del grande Filippo, che con autorità riesce a risolvere la situazione grazie al solo potere dello sguardo, che anche a distanza sorbisce l’effetto sperato. Nel frattempo l’Angelomobile si era allontanata ed essendosi accorta della mancanza dei compagni torna indietro per raggiungerli.



Le taddarite di nuovo riunite continuano il resto del loro viaggio e, ormai giunti al luogo stabilito, cioè proprio Purgatorio, ridente frazione del paese di Custonaci, vengono raggiunti dagli altri due membri, Isabella ed Emanuele.

È arrivato il momento di prepararsi prima psicologicamente e poi fisicamente alla prova più ardua di tutte, l’imbraco, di cui si parlerà anche più avanti. Dopo di che, pronti e sfavillanti nelle nostre tute blu, troppo leggeri perché ingannati dal caldo afoso, ci incamminiamo per raggiungere l’imbocco del Purgatorio, sotto lo sguardo stranito della gente che passa dalla statale e che ci osserva sfilare con corde e caschetti.



L’ingresso è nascosto in un campo fra i massi (perdonate il termine profano) e si apre su un pozzo con le pareti ricoperte di muschio. L’intrepida Flavia, detta Bla Bla, comincia ad armare la prima campata e, a seguire, i primi coraggiosi cominciano a scendere. Calandosi restano ammirati da tanto verde, macchiato di ragnatele fitte qua e là.

Di questo scenario non può però godere Chiara. Quando arriva il suo turno, infatti, tutto sembra andare per il verso giusto, soprattutto perché l’attento controllore, il saggio Tonino, le osserva “diligentemente” l’imbraco. Nulla risulta fuori posto, così Chiara scende ignara verso il secondo frazionamento e, quando è ancora vicina all’imbocco della grotta, Tonino si accorge che la corda della longe è troppo lunga.


A questo dettaglio non dà molta importanza, finché, arrivata la nostra povera vittima al secondo frazionamento, dopo essersi allongiata, ecco che quell’osservazione di poco conto prende le sembianze di un problema. Tonino, che dall’alto dei Cieli osserva quell’anima in pena, tenuta a galla da un groviglio di corde, comprende, come lei, che la corda della longe e della maniglia sono invertite: ciò significa che la corda della longe è troooooppo lunga, tanto lunga che Chiara non arriva nemmeno a raggiungere il nodo del frazionamento. Ma, niente panico, eroicamente il grande Tonino, con estrema prontezza, scende e si avvicina il più possibile a lei. Fa in modo che l’imbraco si leghi al suo e così, pian piano, risalgono di quel poco necessario per essere fuori e rimettere tutto apposto. Ma, diciamolo, era stato tutto programmato, Tonino aveva messo in atto un modo per fare la parte dell’eroe e allo stesso tempo mettere alla prova il temperamento e la capacità di mantenere la calma di Chiara di fronte ad una situazione problematica. Prova superata!




Comunque, il resto della giornata continua, e proseguiamo verso il fondo di quell’abisso. Sorprese che il secondo pozzo sia così profondo veniamo rincuorate nel sentire in lontananza le voci dei nostri compagni di viaggio e nel vedere puntini di luce in quel buio profondo. Arrivati al fondo del secondo pozzo ecco stagliarsi davanti a noi la carcassa, o potremmo dire l’anima perduta, di una graziosa Vespa. Chiunque la raggiunga si chiede che strada abbia fatto per arrivare lì, ma, vagliate le varie ipotesi possibili, spesso si preferisce smettere di interrogarsi e godersela così.
Dopo di che, superato un tratto orizzontale ornato dal teschio di un qualche animale, aspettiamo che Tonino scenda per armare gli altri due pozzi. Nell’attesa c’è chi sgranocchia qualche caramella, frutta secca o gustosi panini, e chi si appisola negli angoli più “comodi” di quel piccolo anfratto, come Emanuele, Isabella, Fulvio e la nostra piccola Betel, che come ghiri dormono beati nel loro piccolo angolo di Paradiso, … ops! di Purgatorio.

Riposati e infreddoliti per via dei vestiti leggeri, continuiamo a scendere, sempre più in basso, passando per posti un po’ stretti. Fino ad ora è stato abbastanza semplice, quasi si può dire un gioco da ragazzi, ma il frazionamento complicato è proprio lì dietro l’angolo ad aspettarci. L’azione di slongiamento comporta contorcimenti da acrobati, bisogna appoggiare la schiena sulla parete liscia, puntare i piedi e spingere con tutte le forze in nostro possesso. Nessuno può immaginare  che quella stessa parete liscia e marrone come tutto il resto nasconda una conformazione tanto particolare che basta un movimento sbagliato del piede per far risuonare tutto. Una magnifica scultura naturale della grotta che per tutti ha l’aspetto di una medusa gigante di cui ogni velo (?) produce un suono diverso. E sotto di lei…una camera enorme con due colate di calcite brillanti, bianche, lattiginose, che con una certa luce sembrano colate di diamanti o cieli stellati.
Tonino inizia a fare un sacco di foto e, per farle, come un regista della fotografia ci costringe a stare immobili in posizioni scomode per lunghissimi minuti, puntando la luce del caschetto in modo da creare le ombre e i contrasti giusti, adatti a produrre fantastiche fotografie. È faticoso, ma dobbiamo ringraziarlo per i risultati.
Ormai tutti giù, ci concediamo il meritato riposo e un bel pasto a base di caramelle, marshmallow e arachidi, per poi cominciare la risalita. La risalita…e qui si torna sull’imbrago. Comodissimo nella discesa, in salita si trasforma in uno strumento di tortura, specialmente per le ragazze. Il corso è finito e ancora la regolazione perfetta delle cinghie e delle fettucce è lontana. Quando arriverà, potremo guardare alla speleologia con occhi diversi, liberi dalle lacrime.
Il primo a risalire è Filippo, che al primo frazionamento incontra qualche difficoltà e a lui viene in aiuto il nostro Angelo, che non è dotato di ali ma di maniglia e croll.

 
A questo punto continuiamo a risalire, non tanto con la speranza di rivedere l’uscita, quanto con l’obiettivo di mettere fine alla tortura. Con l’imbrago affondato nella pelle e non solo, si aspetta ai frazionamenti, tanto, troppo, poi si continua a salire, doloranti, fino a vedere la luce. Ecco, è l’uscita. E invece no! È il pozzo verde meraviglioso! Mai una meraviglia è stata tanto deludente! Però che bello aspettare ancora qualche minuto lì, a riprendersi fino al proprio turno per completare la risalita.
Una volta in superficie mangiamo ancora e ci accorgiamo che il nostro piano post grotta è sfumato, è troppo tardi per andare a mare come speravamo, perché sono quasi le nove. Così aspettiamo che Flavia e Tonino, che già si erano divisi l’armo, finiscano di disarmare, per fare un’altra bella foto, stavolta del gruppo, esausto e felice, e poi tornare alle macchine.

Di questa bellissima giornata, passato il dolore, non rimarranno solo le foto ma le emozioni che ogni grotta dà, e per questo non vediamo l’ora di intraprendere la prossima avventura con la prossima grotta.
racconto di: Chiara e Betel
Foto di Tonino
Partecipanti: Betel, Chiara, Bianca, Isabella, Flavia, Tonino, Filippo, Emanuele, Fulvio, Angelo

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