martedì 24 dicembre 2013

Abisso del Vento, 22 dicembre 2013



 Eccoci nuovamente al Vento, per desiderio di Maddalonza. Dopo il trauma del vestirsi al gelo e della salita che stanca un po’ tutti, trovo una bella sorpresa: finalmente al Vento c’è vento! Freddo, che ti fischia nelle orecchie e ti spinge via, che fa ondulare leggermente il pipistrellino che riposa. Sì, perché quando sono entrata la prima volta di vento non ce n’era manco un alito.
Prima va Nina, poi Filippo (che deve riuscire a portare un sacco senza fettuccia), Valentina, Marili (manco il tempo di scendere si sente un tonfo e un urlo <<Carìu!!!!>>), Maddalonza, io (che dopo 7 mesi di inattività scopro con gioia di non aver dimenticato neanche un passaggio) e Riccardo.
Arrivare alla base del 35 è un attimo. Si continua e questo ramo per noi matricole è tutto da scoprire. Ci sono scivoli infangati, laghetti di acqua cristallina, strettoie dove passano prima le braccia, poi la testa e il resto del corpo e ti sembra di nascere una seconda volta. 

 
Quando ci hanno detto che avremmo passato il pozzo “Tarzan” il terrore è spuntato nei nostri volti: Tarzan…liane…volo…urlo… In realtà è stato abbastanza semplice. Anche Valentina, che io e Nina temevamo si sfracellasse da qualche parte com’è suo solito, l’ha superato elegantemente. E’ in questo punto che Filippo ha “perso” il suo panino, conservato gelosamente nel personale. L’egregio lavoro di squadra delle due veterane Maddalonza e Nina ha permesso la sottrazione del tesoro all’insaputa del malcapitato. Parafrasando la saggia CF: “In questo gruppo non esiste MIO e TUO”.

 
Ma la parte veramente difficile arriva con i traversi. Chiedo quanto è profonda la frattura, mi rispondono “abbastanza”. Tanto mi basta sapere. Procediamo lentamente facendo attenzione a dove mettiamo i piedi, io combatto contro i crampi ai glutei che mi assalgono. Si passa accanto ad una scintillante e bianchissima cascata di calcite, sempre mettendo i piedi nel posto giusto e aggrappandosi avidamente alle provvidenziali “minchie”.

Piccola pausa pranzo e si procede fino ad una bassa saletta con bianche cannule fragilissime, colonne e stalattiti e stalagmiti che stanno per congiungersi separate solo da una goccia; da ogni lato altri spazi più o meno ampi che mostrano uno spettacolo simile. Filippo è disposto a farsi tutto il ritorno con un pezzo di cannula rotta nel culo pur di portarselo a casa. Non so se l’ha fatto, non voglio saperlo.

Ritornando verso l’uscita la stanchezza si fa sentire, l’attenzione diminuisce e i lividi aumentano (le due cose sono inversamente proporzionali). Più o meno velocemente e grazie all’infinita pazienza di Nina, risaliamo tutti e torniamo all’esterno dove la situazione non cambia molto: il freddo c’è sempre, l’oscurità c’è sempre, ma si vedono le stelle e si sentono le mucche.
Siamo stanchi e infreddoliti ma una birretta non può mancare. Quindi tutti al bar! 
Poi si torna verso casa, e già so che a Natale, invece dello smalto, sulle unghia avrò il rosso del Vento che non vuole andare via.

Partecipanti: Filippo, Riccarco, Flavia, Maddalonza, Marili, Valentina e Nina
Notizia di Flavia
Foto di Nina

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