
Il “gniii gniiiii” del tergicristallo ci accompagna per
tutto il viaggio…piove. Sì, ma finisse qui! Facciamo strada e, mentre si
delineano all’orizzonte le sagome delle montagne verso le quali siamo diretti,
mi sembra di vedere un paio di chiazze bianche sui versanti. Ma figurati, mica
può essere neve! E invece…Arrivati a destinazione sembrava che le nuvole si fossero
messe a starnutire neve su tutto il fianco della cresta. E piove. Posteggiamo,
ci prepariamo. E piove. Ma un po’ di “assuppaviddani” non ha mai fatto (troppo)
male a nessuno e quindi ci incamminiamo, tra l’asinello che raglia e qualche
assolo di Fulippo che,
si sa, con il suo
stile spacca sempre! Il sentiero ammargiato ci conduce alla base di una bella
paretona che si staglia per circa 60 m sopra le nostre teste su di un seccante
cielo grigio. Almeno ha smesso di piovere và! Il margio lascia il posto
alla neve e il pascolo ad un piccolo
boschetto.

Comincia la ricerca e ci inerpichiamo tra rovi, asparagi
& co. che sembrano azionare degli strami meccanismi che portano alla
formulazione di espressioni colorite, qui riassunte in un unico grande “bip”.
Dopo tutto stu sali e scendi finalmente ci convinciamo a proseguire lungo il
sentiero, comodo comodo, facile facile. Camminiamo allegramente come scolaretti
al pascolo, alla destra la parete e alla sinistra il boschetto, sotto i nostri
piedi ancora neve e sulle nostre capocce i soliti nuvoloni minacciosi, ma di
quelli ormai
non ci curiamo più. Giriamo
l’angolo e….toh guarda, un buco! Un buco?? Una voragine! E lo spettacolo che
abbiamo davanti agli occhi per un attimo ci ruba persino le parole. Tutto il
pavimento è letteralmente coperto da un soffice materasso di edera strisciante,
mentre sulle pareti dà sfogo alla sua indole da rampicante e quando arriva
sulla volta si rilassa pendendo giù, assieme alle gocce d’acqua, così tante che
sembra piovere dentro.

La neve rende tutto più surreale ai miei occhi che non
ci sono abituati. Dopo l’interdizione iniziale e qualche foto doverosa,
inforchiamo i nostri caschi e cominciamo a fluttuare sull’edera. Il salone è
grande e le concrezioni non sono da meno. Se l’è proprio meritato un bel set
fotografico questo antro. Mentre Ceres scatta, Simone, flashman da mercatino
delle pulci, si vanta di sentire lo scatto della macchina fotografica…a un
metro di distanza. Fulippo assume maschie posizioni. Io, elemento chiave per il
corretto funzionamento del set, osservo la scena seduta su un masso. E senza
pagare il biglietto!

Torniamo alla luce del sole…si, il sole, questo sconosciuto!
Anzi…il tempo non promette niente di buono ma decidiamo di continuare ancora un
po’ per cercare un’altra grotta. Risaliamo un ripido canalone e quando arriviamo
su si apre davanti a noi uno splendido panorama. La nebbia avvolge le montagne
davanti a noi, in un’aura dal sapore leggermente malinconico ma profondamente
suggestiva, ma ci suggerisce anche che è arrivato il momento di deporre le armi
e tornare alla base. Scivoliamo letteralmente giù per il canalone, slittando
tra i ciuffi di ampelodesma bagnato e la neve (che grazie a fulippo mi ritrovo
anche nelle mutande (tu! segno anche questa!!)). Arriviamo in macchina e, dopo
esserci spostati su un piazzaletto orizzontale (scongiurando il rischio di
rotolare come “u dado du monopoli” cit. Simone, 2015), ci concediamo un pranzo
salutare che gli amanti del genere innaffiano con abbondante spuma.
Sazi, infreddoliti ma soddisfatti torniamo a Palermo. Sotto
la pioggia.
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"Le Taddarite"