domenica 26 gennaio 2014

Abisso del Vento 25 gennaio 2014



Vento, pioggia, acqua, neve e feedback positivi.

Le previsioni meteo erano chiare e una volta tanto erano affidabili.
Eppure... eppure una colonia di Taddarite, decide ugualmente di fare una visita all'Abisso del Vento, Isnello.
Già all'appuntamento a Palermo i più freddolosi si sono equipaggiati per il freddo previsto... gli espedienti sono ...


Beh...

Si fa strada, due auto piene, ma per fortuna poco materiale di progressione; la grotta è in parte stata armata dagli amici del GSS che lì dentro stanno facendo delle attività da tempo.
Arrivati ad Isnello, solita tappa al solito bar per recuperare le chiavi del cancello.
Il meteo è abbastanza impietoso... si prevedeva una finestra di bel tempo durante la quale contavamo di cambiarci, ma più che finestre, sembrano feritoie.
Il parcheggio ha un suo fascino... il prato verde, i ricordi degli accampamenti, delle risate, delle braci, dei falò... le mucche e il loro scampanio... ma oggi è giorno di vento, di pioggia, di freddo.

D'obbligo cambiarci a scaglioni e salire a gruppetti verso la grotta, e mentre i più timidi, tutti nell'azzurra auto Bounty... cercano di organizzare un piccolo ammutinamento, inizia a nevicare...

 

 


Poco importa, si va! Non prima di aver trasformato le dita in chiavi da 17 per chiudere la maglia rapida degli imbraghi... e di aver fatto il sentiero a testa bassa verso l'ingresso della grotta. Qui la temperatura è più alta di fuori e pian piano riusciamo a sbrinarci e far ricircolare degnamente un pò di sangue caldo...
Scendiamo nella fessura all'ingresso, fra le gocce d'acqua che per la corrente d'aria risalgono e cercano di scappare alla grotta; si oggi il Vento respira e di brutto!

Nella prima stanza, iniziamo a montare le corde, e oggi tocca a Fulippo, che pazientemente sta ad ascoltare motivi, spiegazioni e a fare, disfare e rifare nodi... vincendo ben 15.000 mila nodi da fare in grotta! (che culo!)


In tutto questo, ci accorgiamo della presenza di Nimesulide (al secolo Riccardo... ma al secolo scorso!!!) che nella frenesia di andare al riparo ha forse respirato troppa aria fredda e troppo velocemente, ed è preso da dolori, affanni, singhiozzi e chi più ne ha più ne metta... solo a fine serata troveremo il rimedio!

Giù al primo pozzo ed inizia la photo-session. Ben quattro persone con macchine fotografiche!!! Forse mai una tale concentrazione di click in questa grotta!
I laghetti sono pieni e da fuori arriva una gran quantità d'acqua. Si inizia quindi da quelle stanze dove si confrontano stili, tecniche e attrezzature per scattare foto.
Passa qualche ora e il giovin-Fulippo accusa la fame... cerca disperatamente le sue merendine che, boh... chissà dove sono.
Foto alla stanza prima dei laghetti, commenti risate, spizziculiamento, qualcuno esce un panino con le polpette che vengono immediatamente vaporizzate dall'atmosfera della grotta... (come scusa regge?) tutte tranne una che si ostina a vagare intera e integra nei tubi. Prima nelle cannarozza superando tutto l'esofago, per ostinarsi sul piloro... e proseguire il viaggio integra, fino alle condutture delle fognature del capoluogo. Cose strane in questa grotta.
 

La discesa verso il P35, altro luogo scelto per le foto, avviene abbastanza tranquillamente fino all'ultimo frazionamento... posizionato e allestito in maniera fantasiosa e abbastanza scomoda (eufemismo!)
In ogni caso alla base del pozzo altre foto, altre chiacchiere, e si pranza.
Stranamente non tutti hanno fame, ma tant'è...
Ricomposta la truppa si fa strada verso i traversi, dove è nostra intenzione fare altre foto.
Certo... lo spazio e poco e qui c'è da arrangiarsi, visto che comunque le luci sono le stesse per tutti i fotografi, in posizioni strane... tanto per chi fa le foto che per chi fa da soggetto!
Ecco quindi una serie di giapponesi in frattura e di Marilyn da sbarco...


Finita la sessione di foto, si inizia la risalita e qui scatta il momento Valentina, ovvero la scoperta di come le forze negative, una volta invocate, si accumulino e accavallino, sommandosi e non annullandosi.
Nessuno, non uno dei frazionamenti della grotta è passato indenne dalla furia del boccolo di Vicari... ogni nodo un pensiero, un ingarbugliamento, un qualche cosa che non andava!
Ma non temere Valentina... si può solo migliorare! Sù... anche i feedback positivi aìhanno una fine!

Ritrovati tutti all'attacco del primo pozzo, mentre Fulippo disarma, ci ricomponiamo e iniziamo l'uscita.
Buio, ma non tanto da non far vedere le nuvole che ci girano sopra la testa.
Giù alle macchine dove ci si cambia di corsa, ma fortunatamente a 4 °C e senza acqua battente, ci si ricompatta giusto in tempo perchè avviate le auto arriva la pioggia e quindi via verso il bar per posare la chiave... già la chiave!
M: "Piero, hai preso la chiave vero?"
P: "Si, certo, l'ho Tirata a Filippo e gli ho detto di prenderla lui"
M: "Credo tu abbia fatto una min..... ata".


Al Bar...
P: "Filippo hai tu la chiave?"
F: "ahahah, no, stanno scherzando..."
M: "                                "
M: "Andiamo a prendere la chiave..."

E così con il buon Filippo, torniamo al parcheggio... un pò meno magico della mattina... e Filippo si arma di scarponi per tornare all'ingresso.
Presa la chiave, di nuovo in paese dove si recupera il resto del gruppo e via verso Palermo.

L'aria della Conca d'Oro ha effetto su Numesulide che in autostrada accusa di nuovo un simpatico singhiozzo...
Problema?
Rimedio.

Invitato a guardare Pietro, Nimesulide si riprende subito e il singhiozzo scopare! Miracolo!
E quindi tutti a casa allegramente!

Partecipanti: Nina, Valentina, Marili, Giorgio, Nimesulide, Filippo, Marco e Gionni Pulpetta-anti singhiozzo Però.

Notizia di Marco
Foto di Nina e Marco

martedì 21 gennaio 2014

Le Serre di Ciminna. 19 gennaio 2014


L’inghiottitoio di Ciminna: dove passano solo i gongili

Domenica 19 gennaio. 
Il programma di oggi è fare un bel giretto in provincia di Palermo per scoprire i segreti dell’inghiottitoio di Ciminna e trovare la Grotta del Teschio che si trova nei pressi. La meta è a pochi chilometri di distanza, quindi questa volta l’appuntamento è fissato per le 8h30. Con una puntualità da applauso si parte alla volta di Ciminna con Nina, Riccardo e Fulippo che fanno da apripista a bordo della fedele Caterina e io, Nicola e Giorgio appresso. Il tragitto è molto piacevole, e il panorama sempre mozzafiato etra una chiacchiera e l’altra ci stupiamo del modo in cui i nostri amici riescano sempre a ricordarsi del giusto percorso, in mezzo a campagne sterminate e con pochi punti di riferimento. Manco a dirlo…ci ritroviamo 5 minuti dopo a fare inversione e marcia indietro per beccare il punto esatto…poco male, 10 minuti più tardi riusciamo a beccare l’ingresso alla strada sterrata che poi ci porterà vicino all’inghiottitoio.
Ci addentriamo quindi, ma le nostre macchine non riescono ad andare oltre un certo punto, e il fango accumulatosi per la pioggia certo non aiuta a salire. Decidiamo quindi di parcheggiare, cambiarci e salire a piedi. La vestizione comincia sotto una pioggerellina fastidiosa che ha deciso di farci arrivare all’ingresso della grotta completamente zuppi. Fortunatamente il tragitto è breve quindi eccoci all’entrata. Riccardo comincia ad armare e Nina seduta comodamente sull’erba bagnata inizia a farci delle domande. 
Alla prima “Che cosa è un armo?” Giorgio, velocissimo, munito di un invisibile campanello da Lascia o raddoppia, risponde nel suo solito stile “Il maschio dell’arma!”. A questa freddura segue un bel momento di serietà in cui Nina comincia a spiegare la differenza tra fix e spit, quali sono i nodi più usati e il perché si usa uno piuttosto che un altro, del modo in cui devono essere orientate le placchette ecc. E’ sempre bella e stimolante la parte didattica! 

Armo pronto, Riccardo e Filippo sono già scesi. Tocca a me. Tra uno scivolone e l’altro dovuti al fango arrivo all’attacco del pozzo, il mitico pozzo strettoia da cui ci avevano messo in guardia la sera prima Ponzio e Paolo. Beh, è proprio stretto, ma come si dice in questi casi, “a scendere tutti i santi aiutano”, sarà la risalita un poco più problematica, ma a quella ci pensiamo a momento debito. Siamo tutti giù, ci spogliamo del materiale superfluo e cominciamo il nostro tour. La grotta è molto bella, e le pareti e il tetto di gessi si rivelano in tutto il loro splendore non appena vengono sfiorati dalle nostre luci. E’ proprio una danza di colori che man mano che ci si addentra si manifesta in modo sempre più sconvolgente. Concrezioni scintillanti di ogni dimensione ci accolgono lungo il percorso fino ad arrivare al punto in cui c’è l’alberello! E’ una concrezione enorme che somiglia davvero ad un abete, e anche tutto il resto intorno è degno di nota, o meglio di foto. 
Ed ecco che Giorgio blocca tutti, comincia a uscire materiale dal sacco che aveva diligentemente trasportato fino a quel momento. Treppiedi, livella, flash, “ u fisciai”, la macchina panoramica, un giapponese portatile, tutto insomma, ma ecco che…tragedia!!! Le batterie per il flash sono rimaste in macchina, e allora?
 

Nina prende 4 batterie dalla sua scorta ma queste non sono carichissime, ne prende altre 4, niente, non ce la facciamo. Alla fine smontiamole batterie dal casco di Giorgio che indossa la ticca, e finalmente il flash da segni di vita. Ed eccoci li, in ordine sparso in posa stile calendario taddaritoso 2014, ad abbracciare con le nostre lucine il meraviglioso abete. Purtroppo la luce non è molta e quindi il nostro fotografo deluso decide di tornare un’altra volta munito di un faro d’aeroporto e di limitarsi per questa volta a fare foto normali. Nicola lo prende in parola e comincia a spuntare da ogni angolo alla ricerca della foto profilo perfetta. Ma come dargli torto, la grotta è proprio bella e offre angoli davvero particolari e interessanti per forme e colori. Arriviamo fino in fondo, dove ci sono i mudcracks e una bella raccolta di fango che per forza di cose finisce addosso a tutti.

Il percorso di ritorno come quello d’andata è scandito da spiegazioni sulle particolarità della grotta, ma soprattutto dalle raccomandazioni di Nina e Riccardo di non prendere nulla, frasi rivolte a Filippo che con sguardo avido finora ha passato in rassegna anche il più piccolo oggetto interessante da portarsi dietro come souvenir. Comunque da bravo ragazzo qual è ha lasciato tutto al proprio posto. 
Ci fermiamo in una saletta a pranzare per poi risalire. Nicola si avventura prima di me e da buon prestidigitatore si impirugghia con le corde al primo frazionamento. Dopo questo piccolo intoppo riesce tranquillamente a salire, a passare la strettoia e ad uscire all’aria aperta. Quindi viene il mio turno, e io già penso alla strettoia, anche se il passaggio di Nicola mi ha tranquillizzato. Se è passato lui ci passo con agevolezza anche io. Comincio a salire, riesco a passare la testa e quindi penso “è fatta, sono riuscita a passare senza troppa fatica”. 
Le ultime parole famose…ad un certo punto qualcosa non va, non riesco più a proseguire, sono bloccata e il ginocchio appiccicato alla parete e il piede in trazione sulla staffa non mi permettono di fare alcun movimento. Niente, non riesco a muovere neanche un muscolo, c’è qualcosa che mi blocca…
Nina mi sente un po’ annaspare e mi chiede se è tutto ok, e io “più o meno Nina, mi si sono incastrate le tette!!!”. Risata generale, io mi rilasso e decido di sbloccarmi a modo mio. Comincio a respirare ed espirare in modo tale da ridurre al minimo il mio volume che malgrado la dieta e l’esercizio, in questa occasione si rivela pur sempre ingombrante. La tecnica comunque funziona e riesco a spostarmi verso il lato della strettoia più ampio e che mi permette di risalire in maniera rapida e tranquilla.
Tutti fuori, aspettiamo Fulippo che si è offerto per disarmare e nel frattempo giocherelliamo fuori con un gongilo, una specie di lucertolina tozza a me sconosciuta ma che l’esperto Giorgio mi introduce allegramente. Si riparte alla volta del Teschio, le indicazioni sono poche e la pioggia ha lasciato spazio ad un vento inesorabile che non aiuta per nulla nella ricerca del buco. Ispezioniamo in lungo e in largo il luogo in cui presumibilmente si trova la grotta, ma niente da fare, non riusciamo nell’intento. Filippo, che nella ricerca dei buchi di Piana era stato decisivo per il suo fiuto nello scovare pertugi tanto da meritare l’appellativo di Filippocanedatartufo, non collabora, distratto in quel momento da una ricerca più appetitosa e fruttuosa: i funghi di Ferla.
Un po’ delusi dal mancato ritrovamento, tutti tranne Filippo che già pregusta una frittatina serale, ritorniamo alle macchine. Ci cambiamo e tutti alla volta di un bar dove poter rifocillare la nostra anima delusa con un po’ di spirito. 
Quindi birraaa!!! Tra giochini di dubbio gusto e foto di ancor più dubbio gusto il pomeriggio restante trascorre in tranquillità. Le ginocchia però cominciano a risentire le botte prese nella strettoia e la pioggia e il vento impietoso ci hanno un po’ infreddolito, decidiamo quindi di far rotta verso casa, doloranti ma già con la mente disposta alla prossima avventura.
Partecipanti: Nina, Antonella, Nicola, Giorgio, Filippo e Riccardo

Le foto sono di Giorgio.
 

martedì 14 gennaio 2014

11 Gennaio 2014 - Alla ricerca delle grotte del '58

Alla gelida alba di un sabato mattina, una costola de “Le Taddarite” si appronta ad una nuova avventura. 8 persone, 2 auto, tanto sonno.....(ndr.emmenomalechilappuntamentoeraenoveemienza) Tutti pronti, senza attrezzatura necessaria (poche scorte alimentari).
Ore 10.30 arrivo nel luogo della "Chiana" (Piana degli Albanesi), direzione immediata alla ricerca di vecchie conoscenze locali, Valentina detta L'albanese (amica di Marili) ci abbraccia tutti calorosamente in un luogo di perdizione per l'umano goloso. Presi i primi componenti del nostro presunto pranzo (non ancora realizzato), veniamo indirizzati verso altri luoghi per completare il nostro sostentamento giornaliero, con appuntamento alle prime ore del pomeriggio per il nettare della vita. Ecco, adesso si fà sul serio. Il primo "buco" ci attende.
Ci dirigiamo in contrada "Frassinello". Giunti al punto approssimativo suggerito da Ceres, ci si imbatte tra la folta vegetazione, su per la montagna. Gli 8, finalmente carichi, si sparpagliano ascendendo verticalmente questa cresta.. Ceres, ma che stiamo cercando? Qualcuno gridò. Piccole info acquisite, coordinate del '58. Ok, adesso è tutto chiaro! Manca solo la roccia a forma di scure (?).
Dopo svariate ricerche nella coltre vegetazione, veniamo attirati da una parete assolata. Sembra che ci siamo.
Gli ulivi, la scure! Unici elementi a disposizione per questa prima grotta. Aiuto! Aiuto! Liberatemi! Era Antonella trattenuta dai rovi che le si erano avvinghiati.
L'eroico Nicola, accorre in soccorso della fanciulla in serie difficoltà. Tratta in salvo, dalle forti braccia, tiriamo tutti un sospiro di sollievo, perché abbiamo trovato il buco.... si, quello nei pantaloni di Nicola.
Nulla da fare, nessun risultato, nessuna grotta!
In compenso a ripagarci dell'enorme fatica, la panoramica da vetta del mondo, da mozzare il fiato. Si scende, con la delusione derivata dagli appunti "recenti" di Ceres. La giornata prosegue, nonostante questa prima ricerca non ha fornito i risultati desiderati. Ma le Taddarite non si abbattono e dopo un breve spuntino, ritorniamo a sorridere e scherzare come se fosse stata una semplice passeggiata.
Con la voglia di non tornare alle nostre dimore a mani vuote, ci dirigiamo verso la seconda località Zalapì (la Mariannina). Qui, acquisiamo maggiori info prima della ricerca, "cosa cerchiamo qui, Ceres? ....Il berretto frigio dei Salgulotti e il gendarme di sei metri.... Rispose lui." Senza ascoltare la fine della risposta, tutti giù per la vallata e subito su per la rocciosa montagna.
In poco meno di mezz'ora, udiamo un grido.... Trovato!!!! Era la voce dell'avventuroso Filippo. ... È qui, è qui, ho trovato il buco!!!! All'impovviso, le energie un pò fiacche in tutti noi, ci diedero la grinta per raggiungerlo.
Si, era proprio quello che cercavamo, l'ingresso della grotta, nascosta dall'alta e rigogliosa steppa. Lì, proprio come Ceres ci aveva descritto. "il Pozzo Zalapì", qui notiamo subito i segni di precedenti esplorazioni (spit arruginiti).
Finalmente sui nostri visi, si intravede la soddisfazione di tante fatiche.
Tra rilievi acquisiti e "bucoliche" foto dell'ingresso alla grotta e non solo, riorganizziamo la discesa.
Carichi della scoperta, siamo sicuri che il terzo buco ci attende.
Solo un pò d'acqua e si riparte. Direzione contrada Dingoli. Poche centinaia di metri dalla nostra precedente posizione, ci immettiamo in una vallata ormai affollata da case e proprietà recintate.
Qui, le coordinate in possesso, descrivono il punto "X", in mezzo a qualche casa rurale. Inermi della nuova situazione che si è venuta a verificare, per non infrangere le regole, decidiamo che la giornata esplorativa doveva concludersi.
Ed eccoci alle prime ore pomeridiane, ore 15.30, nessuno dimentica il nettare della vita (il vinello di paese). Ricontattata l'amica di Marili, ove ci omaggia del suo vinello, in abbondanza da non sentir freddo nell'umida serata che stava per calare.
Dritti alla ricerca di un'area per il nostro meritato ristoro. Si, lo sfondo del famosissimo Lago di Piana è il posto giusto! Giunti alle rive del lago, ad ognuno il suo compito, non precedentemente concordato.
La fame era tale, che avremmo divorato la qualsiasi cosa, per fortuna siamo rimasti coscienti delle nostre umane origini.
Legna, carta, pagliuzza, foglie secche, elementi che danno calore alla conclusione della nostra giornata.
Brace pronta, gradicola piena di una parte di 4 chili di salsiccia, pane tagliato, limoni pronti.
Nell'attesa, trovati i bicchieri per il nostro vino (bottiglie tagliate, creando veri e propri calici da campeggio). Pochi minuti dopo, si dà inizio ad un continuo rifocillarsi, ..... 
Un callozzo a me.... Un'altro a me.... Io più cotto..... Per me la puoi scendere.... Prendi il pane.... Dov'è il limone..... Ad un tratto, il silenzio! Si udiva il solo scoppiettare della legna. Stavamo mangiando!!!
Era già calato il buio, ma noi temerari e organizzati come sempre, con torce e posate da campo, continuiamo a dar fondo alle nostre provviste, finendole quasi del tutto. Si, adesso si che và meglio. Le pance piene e il tepore del fuoco ci portano ad una realtà tanto attesa per tutta la giornata, tra chiacchiere e risate per il buon vino la giornata volge al termine, lasciando il luogo pulito e rastrellando tutte le nostre vettovaglie.
Come consueta abitudine del gruppo, giunge il momento dei saluti
 
Notizia e Foto di Marilì e Ceres
Partecipanti: Ceres, Nicola, Panella, Marili, Calogero, Flavia, Fulippo e Valentina



HypoSicily_11 gennaio_i saluti!

Oggi è il giorno delle prime partenze.
Di mattina, infatti, Philippe e Jean-Claude, si preparano per il viaggio di ritorno in Francia.
Le esperinze con loro sono sempre notevoli.
Avere la fortuna di poter osservare le grotte con occhi esperti, trovarsi in questi ambienti particolari, con delle persone, sconosciute o quasi, ma mai del tutto non note, capire le affinità che gli speleologi possono avere, indipendentemente dal paese di provenienza, è una qualcosa che può lasciare sbaloriditi.
Salutati gli amici ci restano degli interrogativi... che ci hanno inseguito per tutto questo periodo...

 ai maestri lasciamo la parola...

 Gabi, Marjan e io, approfittiamo invece per continuare un giro di Palermo e le attività in grotta.. quindi dalla Santuzza a Monte Pellegrino... Pranzo a Mendello, in una classica giornata invernale... tappa in centro fra Cappello e momunenti vari..

  

Lasciandoci con un altro tormentone, che temo ci porteremo dietro per anni!!!




HypoSicily 2014_10 gennaio_ Abisso dei Cocci

Ultima grotta, si chiude in bellezza.
L'Abisso dei Cocci. due anni fa siamo andati verso il fondo.
quest'anno invece si decidere di dare un'occhiatao in alto, nei rami da raggiungere dalla parte di Monte Inici.


 Lo scenario, ancora una volta è mozzafianto. Non si parcheggia per i soliti tornanti, ma si sale su, in alto.
Perdiamo un pò di tempo a cercare il punto giusto per la discesa, anche qui troppo tempo è passato e tanti ricordi si fanno vaghi.
Ma l'odor di grotte chiama e dopo poco siamo appollaiati a mangiare qualcosa, vicino ai chiodi da usare per la discesa.
A scendere tutti i santi aiutano... e secondo voi che fanno le pale di fico d'india? nasta chiedere a Philippe che si spacci per specialista nell'annodare le corde, ma diventa invece un cecchino nel lanciare le stesse proprio sopra i punti a maggiore densità di questa simpatica pianta!




 L'ingresso dall'alto ha comunque una bellezza unica. c'è chi se la gode, chi se la ca...a, e chi perde diaci anni di vita per raggiungere l'antro.Qui si scherza e si ripetono battute gag e ci si rilassa un momento prima di entrare in grotta.


 

 ... anche se fra noi, forse per le miti temperature interne, unpensiero resta fisso e perenne...


 In grotta, come sempre, è un susseguirsi di guarda questo, eppure lì, ma questo minerale, e queste cupole... insomma, fotografa, campiona, misura e osserva, si scendono i pozzetti e ci si ritrova spesso a discutere sull'origine e l'evoluzione di questa grotta.






Un salto su per il ramo dell'Ippocanguro, ancora foto, e oltre le forme, si trovano anche belle concrezioni dal potere miracoloso!


 Campionate croste, minerali, cristalli, ossidi e tutto ciò che ha suscitato la nostra curiosità, ci si affacci verso il pozzo che mette poi in comunicazione con i rami dei laghetti, giusto per un saluto.


Al pari dell'entrata, l'uscita sul Golfo di Castellamamre è da brividi.n. anche per il fresco venticello che ci  accompagna fino alle auto.

Foto di Marjan e Marco
Partecipanti: Gabi, Philippem, Marjan, Nina, Riccardo e Marco