lunedì 9 ottobre 2017

Zubbia di Pizzo Neviera



La proposta per la Zubbia di Pizzo Neviera di Roby è stata accolta calorosamente da quanti dopo un estate di vagabondaggi in diverse terre selvagge avevano l’imminente voglia di riprovare il brivido di indossare l'imbarco, perché si sa, a noi speleologi la comodità ci sta stretta (più dell’imbrago stesso). Appuntamento molto rilassato alle 8.30 nel solito posto.
Al richiamo della grotta rispondono tutti quelli che, liberatisi da impegni universitari e familiari, non se lo sono fatti ripetere due volte. La voglia di ritrovare i compagni speleologi è tanta, e ci incamminiamo verso Belmonte Mezzagno con grande entusiasmo. Arrivati all’ormai conosciuto punto di deposito macchine ci sollazza un piacevole odorino di una non ben identificata carcassa di quadrupede che ci spinge a vestirci velocemente, ma non cosí in fretta…c è ancora il tempo per un selfie di inizio giornata speleologica (per gentile concessione di Claudiuzzo: noto sostenitore dei selfie). Troviamo facilmente il punto di ingresso del pozzo grazie ai segugi/caprette di montagna del gruppo. Il temerario Roby scende ad armare la parete. Una folta vegetazione ci impedisce di vedere lo spettacolo che ci aspettava. Seguono due ore di attesa che volano in una percepita breve frazione di un tempo dedicato alla condivisione delle nostre rispettive esperienze estive, love story presunte e non, e corsi intensivi di autodifesa tenuti dal possente Filippo (o Mariano, come dir si voglia), il tutto scandito dall’accertarsi della presenza ancora in vita della nostra guida speleologica. Cominciamo a scendere con un traverso e raggiungiamo Roby nel punto in cui la corda scende verticalmente lungo il pozzo.
Scendendo ci si ritrova  a lottare con rami e cespugli, per poi ritrovarsi  in un largo pozzo di una ventina di metri.  Le pareti sono ricoperte da muschio  che fa un incredibile contrasto con la roccia più scura. L’aria si fa più frizzantina e l’inconfondibile “odore di grotta” prende campo a mano a mano che si scende. La vista dall’alto è incredibile, ci si  gode la discesa accompagnati, all’arrivo nell’ ultimo frazionamento, dagli ormai consueti “sei spacciato/a” provenienti dai compagni scesi per primi. Ovviamente si uniscono al teatrino frasi della serie “hai perso smalto” “ormai non sei più lo speleologo di una volta” che si ripetono puntualmente per ogni persona intenta a scendere. Nonostante le nostre iniziali perplessità sul detto “è come andare in bicicletta” dopo un mese e passa di inattività, scendiamo tutti senza nessun tipo di difficoltà.
La corda termina all’ entrata della grotta, che si snoda verso il basso verso le  viscere della terra. Il tunnel si fa sempre più basso e devia verso destra. Camminiamo (per cosí dire) su massi di roccia di varie dimensioni, che hanno lasciato per nostra fortuna una fessura laterale in cui possiamo avanzare di sbieco, per poi scendere di qualche metro, dandoci la sensazione di districarci a zig zag in un parco giochi sotterraneo. 
Arriviamo in una sala di modeste dimensioni, ma che si staglia verso l'alto in una miriade di concrezioni di diversa forma. La parete a sinistra é caratterizzata da un paio di metri di bellissime forme a medusa alle quali seguono verso l’alto stalattiti di varie dimensioni e una serie di bellissime vele. Verso l'altro si aprono rientranze che ci fanno venir voglia di arrampicarci per raggiungerle, ma la parete è piuttosto ripida e scivolosa, il tempo stringe e la birra chiama. 
Ci godiamo lo spettacolo inaspettato di questa bella grotticina piena di sorprese. Ad un certo punto, entrano in competizione Manu (Lo spacciato) e Claudiuzzo riguardo alle rispettive torce frontali, della serie “chi ce l ha...che fa più luce”. Un’ultima foto immortala un gruppetto di speleologi entusiasti di essersi ritrovati in un contesto cosí bello; fatto questo siamo pronti per andare.

 E quindi saliamo, strisciamo lateralmente in pendenza cercando di non far ruzzolare il pavimento di massi in faccia al compagno sottostante. Il pozzo verdeggiante all’ uscita della grotta è una visione fantastica. Risaliamo felici e soddisfatti fino a quando, all’ uscita del pozzo, veniamo travolti da un’ ondata di scirocco che ci fa venire voglia di ripiombare giù e in baffo alla birra. Ma il richiamo alcolico e la voglia di stare tutti insieme, nel nostro rituale post-grotta, è troppo forte! Le sorprese, però,  non finiscono qua. Dopo esserci accertati dell’incolumità delle nostre macchine, causa incendio non ben localizzato, veniamo scortati da un branco di cavalli selvaggi, inavvicinabili nella loro bellezza. Insomma un bilancio più che positivo per quella  che doveva essere una scampagnata soft tra speleologi e che è risultata più che apprezzata ed emozionante.    
By La Tinta.
Partecipanti: Barbara, Diana (detta “Il Compasso”), Claudiuzzo, Manu Lo Spacciato, Isa Beauty, Il Principe Filippo, La Tinta e Roby Horses.