domenica 4 maggio 2014

Abisso del Vento 26 aprile 2014



Vento reloaded

Ho sempre pensato che il Vento fosse una gran bella grotta ma che, tra zone che conosco meglio e zone che non ho mai visto, in fondo fosse tutta lì, che qualcuno ne conoscesse bene anche gli angolini più remoti. Ma ci pensa il GSS a smontare questa mia infondata convinzione, invitandoci ad un campo esplorativo proprio al Vento. La voglia di spingere più in là i confini e la curiosità mi mangiano viva e quindi...via!
Puntualissimi, Riccardo ed io, ancora fluttuanti nel sonno e nell'odore di arrostuta del giorno prima, arriviamo al parcheggio del Vento dove, poco dopo, ci raggiunge il resto della truppa, carico di materiale e speranze. Immediatamente veniamo smistati nelle varie squadre, ognuna con un compito ben preciso. Così, dopo una mezz'oretta, ci ritroviamo all'attacco del primo pozzo...comincia quella che per me si presenta come una sfida, che promette emozioni e dolori. Per avere un'idea, prendete un qualsiasi rilievo del Vento. Fatto? Bene! Adesso individuate l'ingresso e cercate il punto più lontano in assoluto dall'entrata. Fatto? Ok... se siete stati bravi avete individuato il Ramo dei Versiliesi, quella è la nostra destinazione.  Anzi no, ancora oltre! Perché c'è del nuovo, del nuovo da rilevare e del nuovo da esplorare. E proprio queste saranno le priorità di questa giornata.
Cominciamo la discesa e rapidamente mi scorrono attorno il P35, il Pozzo Tarzan, i Traversi, il Pozzo del Ramo Nuovo (alias "Pozzo Cascata"). Qua è tutto familiare, mi muovo serenamente, quasi come se mi stessi spostando da una stanza all'altra di casa mia. Superiamo questa parte, il passo è sempre spedito, ma stavolta non conosco la strada, non so cosa ci sia oltre quell'arrampicata o quell'opposizione. Quasi immediatamente perdo l'orientamento, ma il buon Peppe Spit (GSS), che si è calato perfettamente nel ruolo di cicerone, mi aggiorna regolarmente sulla nostra posizione rispetto al rilievo. Osservo fugacemente tutto quello che riesco a vedere cercando di non rallentare la spedizione.  Il famoso "rosso vento" fa da sfondo a concrezioni candide e fragili, alcune sembrano fuochi d'artificio in miniatura, cristallizzati; sottilissime cannule ondeggiano fino ad arrivare al pavimento; piccole vaschette colme d'acqua limpida custodiscono pisoliti immacolate. Oramai camminiamo da ore e a poco a poco mi rendo conto di quanto lunga e complicata sarà la strada del ritorno...ma inutile pensarci adesso, meglio godersi questo spettacolo per il momento. Nel frattempo faccio anche i conti con la mia nuovissima fobia, fresca fresca, appena sfornata: ad ogni minimo rumore ho la paranoica sensazione che mi stiano cadendo addosso massi ciclopici...e quando posso, scatto felino per correre al riparo da un...sassolino di 2 cm di diametro...povera me!
Dopo mille traversi e opposizioni, arrampicate, pozzi e risalite, gomitate e ginocchiate, arriviamo a destinazione. Una squadra va avanti per calarsi in un pozzo nuovo di zecca, io intanto rimango indietro a dare una mano col rilievo di questo nuovo pezzo di vuoto, quasi inviolato. E si vede.. la maggior parte delle concrezioni sono intatte, quasi tutte bianchissime e così pochi sono stati i passi che hanno solcato il fondo di queste gallerie che quasi non se ne notano le tracce. Finito il rilievo mi avventuro alla ricerca di qualche prosecuzione ma... nulla di fatto.  Anche la squadra di punta torna su dal pozzo con brutte notizie. Tutti quelli che a scaglioni si erano allontanati per esplorare tornano un po' a testa bassa. L'entusiasmo, che qualche minuto prima sembrava schizzare fuori dalla pelle, adesso lascia spazio alla delusione  che comincia a serpeggiare negli occhi di tutti quanti. Ma non è detta l'ultima parola, rimane un pozzo da risalire. Purtroppo però si è già fatto tardi e a separarci da tutto il resto del mondo là fuori c'è tanta strada. Così, mentre un gruppo comincia a risalire il pozzo, il resto della truppa si avvia verso l'uscita. E' arrivato il momento di fare mente locale, ricordare la strada da percorrere e quindi mi sforzo nel ricostruire il percorso fatto all'andata.  Niente. Il vuoto...il mio solito senso dell'orientamento taroccato! So solo che non c'è la magica porticina che mi porta fuori e quindi via, forza e coraggio! Il viaggio di ritorno è scandito da attimi di angoscia e attimi di sollievo, lamenti e grasse risate, battute d'arresto e slanci di energia, fino a quando, dopo un paio di ore, mi ritrovo alla base del pozzo cascata. Oh! Finalmente so in che parte del mondo mi trovo e tanto basta per rasserenarmi. Alla base del 35 mollo il sacco a Riccardo e volo fuori, con le gambe stanche e pesanti ma la testa libera e leggera. Fuori è buio. Sono passate circa 13 ore da quando siamo entrati a quando, giù dal parcheggio, vedo sbucare fuori anche le ultime luci dei disarmatori. I visi sono segnati dal fango rosso che incornicia quella strana espressione che conosciamo bene, in cui la stanchezza si mescola e fonde alla soddisfazione.
Facciamo tappa ad una pizzeria di Isnello per rifocillarci, fare il punto della situazione e perderci nei meandri di racconti nuovi e meno nuovi. Alla fine di questa luuuuunga giornata finalmente possiamo permetterci di crollare e affossare nei comodissimi letti messi gentilmente a disposizione da Corrado e Roberta. 

Notizia di Nina
Partecipanti: Nina e Riccardo

Nessun commento:

Posta un commento

Caro Utente,
i commenti non firmati verranno eliminati.

"Le Taddarite"